27 settembre 2007

L'abolizione: la soluzione più realistica

Molti militanti animalisti, tra i quali io, vedono l'abolizione della carne come una tappa sul cammino verso una società sempre meno specista (altri parlano di una tappa "verso la fine di tutto lo sfruttamento animale").

Senza rinnegare questa prospettiva, ce n'è un'altra, complementare, che dobbiamo sviluppare per rinforzare il sostegno all'idea di abolizione. Dobbiamo mostrare che l'abolizione della carne è la soluzione più realistica a quelli che la nostra società considera già dei problemi seri rispetto alla produzione della carne.

Infatti, oltre alle questioni ambientali (inquinamento, etc.), sanitarie (malattie epizootiche) ed economiche (sovvenzioni, etc.) poste dalla produzione della carne, la questione delle condizioni di vita - e di morte - degli animali di allevamento è anch'essa già considerata importante(1), e problematica, da molte persone. Infatti pratiche di allevamento come la reclusione in gabbia, l'affollamento all'interno di edifici chiusi, o le mutilazioni in vivo, sono già oggetto di forte riprovazinoe da parte del pubblico(2).

Mapur essendo in una certa misura ammesso che si possa rifiutare a titolo personale di consumare i prodotti animali, nel momento in cui si tratta di pensare soluzioni collettive a questi problemi l'unico approccio considerato realista è il miglioramento delle condizioni di allevamento. La tesi implicita è che a forza di migliorare le condizioni di allevamento si finirà per arrivare ad una situazione accettabile per gli animali. E che abolire la carne non è realistico, che è addirittura utopico.

Una sfida alla quale il nostro movimento deve confrontarsi è mostrare che ciò che è utopico non è immaginiare una società senza carne, ma credere che si possa un giorno arrivare ad offrire una vita adeguata e una morte senza sofferenza al miliardo e più di animali uccisi ogni anno per la carne in Francia.

Con l'avanzare del dibattito sulla questione dell'abolizione, ci verrà domandato con insistenza sempre maggiore: «perché abolire se esistono altri mezzi per risolvere i problemi?»

Oltre a ricordare che il mattatoio è già in sé un problema, sta a noi chiedere a nostra volta in che modo concretamente si potrebbero produrre le centinaia di migliaia di tonnellate di carne e i miliardi di uova che si producono ogni anno in Francia senza che gli animali ne soffrano come avviene oggi? Sta a noi chiedere: in che modo, realisticamente, un allevatore che produce carne di pollo con decine di migliaia di uccelli potrebbe, con tutta la buona volontà del mondo, offrire loro condizioni di vita adeguate? In che modo, ad esempio, potrebbe curare i suoi animali malati quando non ha neanche il tempo di passarli in rivista uno ad uno con lo sguardo ogni giorno?

A coloro che sostengono che l'abolizione non è realistica, ma che riconoscono i problemi posti oggi dalla produzione di carne, chiediamo: quanti ettari supplementari occorrerà stanziare al settore dell'allevamento? Quante migliaia (o milioni) di persone bisognerà pagare per occuparsi correttamente di animali? e di quanto verrà moltiplicato, di conseguenza, il prezzo della carne? E quali altre soluzioni costose bisognerà ancora mettere in pratica? La nostra società è davvero pronta a tali stravaganze per un prodotto che - cosa ormai risaputa - non è affatto necessario per vivere in buona salute?

La domanda se l'approccio attuale, che vuole risolvere i problemi della produzione della carne attraverso miglioramenti successivi, sia realistico o no è pressoché assente dal dibattito pubblico al giorno d'oggi. Infatti:
  • coloro che mangiano o producono la carne, così come quelli che sono aperti ad un miglioramento delle condizioni di produzione, hanno un forte interesse a dare una risposta positiva alla domanda, per legittimare le loro attività(3) ;
  • quanto ai militanti favorevoli all'abolizione della carne, molti si disinteressano a priori alla questione, affermando che in ogni caso non è legittimo uccidere animali per mangiarli (o che ogni sfruttamento, anche senza sofferenza, non è accettabile).

Argomentare che la produzione di carne non è eticamente legittima non dovrebbe impedirci di mostrare che l'approccio messo in pratica attualmente per risolvere i problemi causati da questa produzione è molto meno realistico della sua abolizione.

Antoine Comiti

(1) In un sondaggio commissionato a fine gennaio 2004 per l'Assemblea permanente delle camere d'agricoltura e la rivista «60 milioni di consumatori», alla domanda «rispetto alle condizioni di svolgimento dell'agricoltura, quale importanza attribuite al benessere animale?», il 78% degli intervistati ha risposto «molta». I risultati completi di questo sondaggio, realizzato su un campione di 1002 persone, sono disponibili su http://minilien.com/?XiGWdB14tH

(2) Infatti, secondo un sondaggio realizzato alla fine dell'ottobre 1999, il 95.2% delle persone intervistate ritiene che «in allevamento intensivo, gli animali non hanno abbastanza spazio» e l'80.5% ritiene che «le mutilazioni sono inammissibili». Sondaggio su un campione rappresentativo di 874 persone realizzato per iniziativa dell'associazione Consommation, logement et cadre de vie (CLCV) con il contributo della Direction générale de l'alimentation (DGAL); citato in Florence Burgat, « La demande concernant le bien-être animal », Le Courrier de l’environnement dell’INRA, numero 44, ottobre 2001, http://brg.jouy.inra.fr/Internet/Produits/dpenv/burgac44.htm.

(3) Non si tratta qui di rimettere in questione il ruolo generalmente positivo, a mio avviso, che giocano le campagne (non speciste) di miglioramento delle condizioni di allevamento, le quali, oltre a giovare agli animali coinvolti, contribuiscono a far vedere ad un largo pubblico la realtà della produzione della carne e a ricordare che gli animali cosiddetti «da reddito» sono, come noi, degli esseri sensibili.

(Tradotto in italiano da Agnese Pignataro)

Abolire la carne non equivale ad abolire lo specismo

Voler abolire la carne può sembrare folle e ambizioso. Del resto, il primo ostacolo è proprio qui: rendere pensabile la possibilità di abolire la carne. E visto il numero colossale di individui implicati, l'abolizione sarà un avvenimento notevole.

Nello stesso tempo, si tratta di un obiettivo assai modesto. Modesto, perché è evidente che la carne non è la causa di tutte le vite e morti miserabili su questo pianeta. È addirittura una fonte di piacere per molti - umani e non - la cui vita può essere miserabile in altri modi.

Modesto anche perché abolire la carne non equivale ad abolire lo specismo: si può trovare inaccettabile ciò che gli umani infliggono agli animali per mangiarli e comunque continuare a pensare che ciò che sente una bestia conta meno di ciò che sente un umano.

Che questo piaccia o no, l'abolizione della carne non esige dunque che la gente rimetta radicalmente in questione il posto degli umani tra gli esseri viventi, e ancor meno che cambi completamente la sua visione del mondo e di ciò che la società deve essere. Questa è una delle ragioni che rendono tale abolizione raggiungibile nel mondo attuale.

Detto ciò, è chiaro anche che dibattere sull'abolizione della carne equivale a discutere dell'importanza da accordare agli interessi dei diversi individui coinvolti, umani e non. E che la resistenza a questa abolizione sarà tanto economica che ideologica.

Ma resta il fatto che abolire la carne non equivale ad abolire l'insieme delle idee e delle pratiche speciste.

Erik Marcus, nel suo libro «Meat Market(1)», fa questa analogia con l'abolizione dello schiavismo :
« Gli sforzi che mirano a smantellare l'industria dell'allevamento saranno indubbiamente paragonati al movimento di abolizione dello schiavismo del XIX secolo. [...] i due movimenti sono identici su un aspetto: nessuno dei due cerca di raggiungere la perfezione. Dopo la guerra di Secessione, i Neri americani hanno continuato a sopportare prove come la segregazione e la discriminazione [...] Buona parte di questa oppressione successiva all'abolizione avrebbe di sicuro potuto essere prevista dalla leadership del movimento abolizionista. Perché allora il loro programma era così limitato? Questi limiti del programma abolizionista non si spiegano come manifestazioni di pigrizia o indulgenza. Questi limiti erano, in realtà, la pietra angolare di una brillante strategia. A quell'epoca, lo schiavismo era il più grande torto inflitto ai Neri dai Bianchi. [...]

Il grande successo dell'idea di abolizione era di riconoscere che, qualsiasi fossero le vostre opinioni sulla questione della razza, non c'era bisogno di essere estremamente progressisti per considerare lo schiavismo abominevole. [...] Molte persone che hanno combattuto e sono morte per abolire lo schiavismo avevano idee che oggi sarebbero giudicate razziste. Ma, per sostenere l'abolizione, la gente non era obbligata a sostenere l'idea di uguaglianza tra le razze. Gli abolizionisti chiedevano solo che gli Americani riconoscessero che lo schiavismo era un male orribile ed agissero per mettervi fine. Abolito lo schiavismo, denunciare e combattere forme più sottili di oppressione era solo questione di tempo. »

Antoine Comiti

(1) In questo libro in inglese, apparso nel 2005, l'animatore del sito Vegan.com spiega perché ritiene impossibile riformare realmente i metodi di allevamento ed invoca lo sviluppo di un movimento per lo "smantellamento dell'allevamento" ("dismantlement of animal agriculture").

(Tradotto in italiano da Agnese Pignataro)

11 ottobre 2006

Risoluzione per l'abolizione della carne

Questa risoluzione per l'abolizione della carne è stata redatta collettivamente su internet(1) :

Poiché la produzione di carne implica l'uccisione degli animali che vengono mangiati,

poiché molti di loro soffrono a causa delle condizioni in cui vivono e in cui vengono messi a morte,

poiché il consumo di carne non è una necessità (visto che una alimentazione sana senza carne animale è – o può essere - disponibile in quantità sufficiente),

poiché gli esseri sensibili non devono essere maltrattati o uccisi senza necessità,

l'allevamento, la pesca e la caccia di animali per la loro carne, così come l'importazione, la vendita e la consumazione di carne animale, devono essere aboliti.
(1) sulla lista di discussione abolitiongroup (in francese per ora):
http://fr.groups.yahoo.com/group/abolitiongroup/

27 ottobre 2005

Movimento per l'abolizione della carne

La maggior parte della gente pensa che non bisogna uccidere un animale senza una buona ragione. In molti paesi lo stesso Codice Penale vieta di uccidere, se non c'è una specifica necessità, una mucca, un maiale o un pollo (in Italia si veda in proposito l'art. 544bis del C. P., modificato dalla L. 2004/189).

Un numero sempre maggiore di persone apprende che non è vero che mangiare carne è indispensabile per godere di ottima salute.

Non è allora giunto il momento di chiedere l'abolizione della carne?

Perché non fare di questa domanda - che sembra così grande, eppure è talmente semplice - un obiettivo unanime del movimento animalista mondiale?

Naturalmente, bisogna continuare a scrivere, a divulgare e a denunciare le sofferenze e le privazioni subite dagli animali. Bisogna continuare a battersi per la proibizione delle pratiche più scandalose: gabbie in batteria, mutilazioni, ingrasso forzato, corrida... Bisogna insistere nel dimostrare che la loro sensibilità è reale e importante esattamente come la nostra. Bisogna continuare a criticare lo specismo, a promuovere il vegetarismo e il veganismo.

Ma tutto questo non basta.

Non chiedere esplicitamente per vie politiche l'abolizione della carne è oggi un'incoerenza.

Non osiamo nemmeno formalizzare questa richiesta, tanto ci sembra campata in aria. E soprattutto, abbiamo paura di passare per fanatici che vogliono imporre agli altri le proprie idee.

Sbagliamo. Sbagliamo a considerare il carnivoro più moderato come un difensore dei macellai. Sbagliamo a supporre – senza sapere – che la società non sia ancora pronta per accogliere questa richiesta, e ancor meno a discuterla.

Nel diciottesimo secolo la schiavitù umana era legale, nonché una pietra miliare dell’economia coloniale. Allora era un’utopia pensare di abolire tale pratica, universale e millenaria. Ispiriamoci agli attivisti di quel tempo: loro si organizzarono e resero la schiavitù illegale.

Impegniamoci tutti, ciascuno a modo suo, in una grande campagna mondiale per l’abolizione della carne.

Nei messaggi che seguiranno su questo blog illustrerò, uno per volta, la serie di fattori che mi hanno convinto che quest’obiettivo può essere raggiunto in molti paesi prima della fine del secolo.

Antoine Comiti

(Testo originale: ultima revisione 13 ottobre 2005 - tradotto in italiano da Cristiano)